Definire Catania è quasi impossibile. Trovare un aggettivo che da solo riesca a tratteggiarne il profilo, le molteplici sfumature e il travolgente carattere è davvero un’impresa ardua. Bella, solare, aperta, dinamica, vivace, ironica, teatrale e a tratti anche schiva. Catania è tutto questo, e molto di più.

Distesa sullo Ionio come un’indomita leonessa, Catania se ne sta raggomitolata ai piedi della sua vigile e altera sentinella. Sua maestà l’Etna, “la colonna del cielo”, per dirla col poeta greco Pindaro. E dal suo vulcano, che ogni tanto ruggisce scagliando inquietanti e spettacolari lapilli di fuoco, ha mutuato il suo caleidoscopio di suggestioni e colori. Immersa in una cornice da sogno, quest’antichissima città è – come recita il suo motto – rinata dalla cenere più bella di prima.
Quella che vediamo oggi, infatti, è il risultato dell’ultima ricostruzione del 1693, che seguì il devastante terremoto del Val di Noto e che le ha impresso addosso i segni del Barocco. Tutto il centro storico ne è costellato, tant’è che è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco. Una rutilante bellezza, quella di Catania, che fa quasi girar la testa. E quando pensi di averla conosciuta fino in fondo, la sua anima fa di tutto per stupirti ancora.
Ecco allora che nel cuore del cuore di questa incredibile città, scopri un edificio che ne rappresenta la sua più alta espressione artistica e culturale: Palazzo Marletta, un’antica residenza di famiglia trasformata in un boutique hotel con ben 300 anni di storia.
Pochi sanno che proprio da qui nasce il Barocco catanese. E difatti, come ci spiega il dottor Alfio Baudo, illuminato imprenditore e proprietario della struttura, «da noi vengono prevalentemente ospiti interessati a fare una vacanza di approfondimento storico, rettori di università italiane e straniere, studiosi. Perché qui, nel raggio di cinquecento metri, è possibile scoprire oltre duemila anni di storia. Anche noi abbiamo il nostro Colosseo, anche se non lo sa nessuno! Io stesso – ci confessa Baudo – non conoscevo le bellezze di Catania.».
«C’è una Catania sotterranea, ci sono delle particolarità così belle che meritano di essere viste e spiegate, perché fanno parte del nostro bagaglio culturale. Sono la nostra storia. Quanti sanno al mondo che il Barocco è nato agli inizi del Settecento a Catania? Quanti sanno che il Barocco è nato a Palazzo Marletta, insieme a tanti altri palazzi attorno della zona? Non lo sa nessuno. Ma guarda caso vengono gli studiosi dall’estero e lo sanno. Ma noi non lo sappiamo. E’ una forma di crescita culturale e conoscenza che è giusto fare. Il vero turista deve essere questo. Io che vado in giro devo arricchirmi, aggiungere qualcosa alle mie conoscenze. Quando si dice che la bellezza ci salverà è giustissimo, perché la bellezza a Catania potrebbe contribuire a salvare la città, l’economia, a salvare tutto».
«La bellezza potrebbe contribuire a salvare la città, l’economia, salvare tutto.»
Colpisce, chiacchierando con Alfio, l’amore viscerale che egli nutre per una città che non è nemmeno quella che gli ha dato i natali, «perché sono nato a Lentini e ho vissuto per molto tempo a Milano». Un amore che è nato e cresciuto insieme al progetto di riportare Palazzo Marletta agli antichi splendori, trasformandolo in una struttura ricettiva di alto livello, nonché punto di riferimento per la vita culturale della città.
Soggiornare a Palazzo Marletta significa vivere un’esperienza di arricchimento culturale da tutti i punti di vista. Immergersi a piene mani, occhi ed anima in un Palazzo che trasuda storia, arte e cultura.
E che, per destino o casualità, nell’Ottocento era sede di un esclusivo hôtel particulier in perfetto stile parigino. Oggi Palazzo Marletta è un luogo magico, dove è possibile rivivere tutta la suggestiva atmosfera della Catania del Settecento e scoprire le bellezze sommerse della città. Tra i numerosi servizi messi a disposizione da quest’affascinante dimora di pregio, infatti, ci sono i tour organizzati con una guida di alto livello: la presidente delle guide siciliane, «che personalmente viene a fare i tour per noi», ci conferma Baudo. Un risultato che lo inorgoglisce molto, anche se non è stato facile arrivare fino qui. Soprattutto perché l’intero processo di restauro è stato lungo e travagliato.
«Non è stato semplice – ci racconta Alfio – perché Palazzo Marletta è un bene monumentale, l’unico Palazzo che è stato ricostruito fedelmente a com’era prima del terremoto del 1693. Di conseguenza la Soprintendenza ha avuto un ruolo predominante sulle decisioni riguardanti il restauro. Questo ha significato che hanno preteso, ad esempio, che le pareti delle stanze del primo piano venissero rivestite con la stessa stoffa di seta e con l’imbottitura com’era all’inizio del Settecento. E questo ci ha messo in crisi. Per alcuni dettagli siamo dovuti andare a cercare l’artigiano in Puglia capace di riprodurre quella seta, con lo stesso disegno preciso com’era allora, i pavimenti rifatti uguali… Insomma, si é dovuto fare un lavoro enorme per salvaguardare queste piccole cose, questi dettagli, queste sfumature».
Un percorso a ostacoli, che alla fine si è dimostrato vincente. «Perché – ci dice – più le cose si complicavano e più mi sono innamorato di questo Palazzo. E quest’innamoramento ha continuato a crescere quando ho visto l’interesse diffuso che è venuto fuori intorno a questo progetto. Quello che mi ha sorpreso è stato questo. Non tanto il mio stupore, quanto lo stupore degli altri nei nostri confronti».
Il frutto di quest’amore è un gioiello di rara bellezza e pregio, composto da sette meravigliose camere «una diversa dall’altra – ci racconta Alfio -. Tutto ha un significato profondo: strada facendo è venuta fuori un’anima unica e affascinante che io stesso non pensavo. E quello che inorgoglisce è la curiosità che riusciamo a trasmettere negli altri. Sono cose, se vogliamo, sentimentali, dove il business non c’entra. Magari tra qualche anno si trasformerà in business.
Ma nel girone di ritorno! Mentre la gente comune oggi cerca il business nel girone di andata. Ma non sanno creare l’anima all’interno di quel business. E quello che mi inorgoglisce, è poter dare un piccolissimo contributo di partecipazione, interesse e coinvolgimento a questa città. Perché quando la nostra vita passa, quello che resta sono gli esempi e i piccoli segnali che noi lasciamo e che rimangono scolpiti nella memoria».
Così come resteranno conservati per sempre nello scrigno della memoria i momenti trascorsi in quest’esclusiva dimora storica, dove non esistono quadri «perché Palazzo Marletta stesso è un quadro. E’ la natura stessa del Palazzo a renderla un quadro – conclude Alfio – all’interno del quale ci sono queste sette figure che rappresentano la vita e l’esistenza umana. Compresa la mia».